mercoledì 6 luglio 2016

Tappa Ventidue: da Gravina in Puglia a Maccaronaro (Altamura)

5 luglio 2016

 
Nel nostro giorno di pausa visitiamo Matera. Arcipelago di roccia prosciugato della sua autenticità, è una città stupenda, trasformata in un carnet di ingressi turistici. La sera torniamo da Franca e Michele che deliziano naso e stomaco con un banchetto di sapori pugliesi: bruschette di pomodoro, burratine, carciofi sott'olio fatti in casa, trecce di mozzarella, ricotta spalmata di marmellata al mandarino, parmigiana, fichi, limoncello e mandarinetto. Dicono che avrebbero fatto volentieri di più per noi. Li abbracciamo stretti stretti con addosso l'impressione comune che ci piacerebbe tornare.

La tappa più breve dell'Appia sembra un appunto giunto in un secondo momento, graffettato al resto per non perderlo. Sarà che arriva dopo un giorno ferme, una guerra di cuscini e una notte torrida e insonne, sarà che Arturo è tornato a camminare con noi, che gli zaini sembrano meno pesanti, sarà che è tutto uno sfrecciar di macchine senza il riparo di un marciapiede. Rifuggiamo il traffico attraversando i campi, il caldo dimostra presto una tenacia indifferente e il cielo è sbiadito di nuvole rupestri. Si cammina a gruppi di due, uno alla volta ci godiamo ognuno i propri passi e torniamo a stringerci solo quando arriva il momento di leggere Paolo, che contrasta il premere degli acceleratori, intrecciando mondi di parole che ci portano lontano da lì.

 
Al bivio per Altamura scegliamo di fare un angolo retto ed entriamo in città: si cammina per arrivare, oggi. Dopo la seconda colazione, affidiamo i nostri sogni alla villa comunale popolata da anziani in attesa e inservienti che curano il giardino come fosse il loro. È un risveglio a tre tempi e senza fretta: i nostri sguardi si intrecciano tra una panchina e l'altra e sanno dirsi un sacco di cose, anche prima di noi. Poi ci addentriamo nel labirintico cuore medievale di Altamura. Ci sentiamo un po' più turisti che viandanti: è l'ora della sveglia della città, quasi ci sorprendono le vetrine dei negozi, noi disabituate all'apparenza. Arturo ci saluta presto, avrebbe voluto restare con noi fino a Taranto, ma la vita spesso accade d'improvviso, come una folata di vento che scompiglia i capelli alla sposa, proprio quel giorno. 
Giulia sceglie il posto per il pranzo e lo sceglie per il nome: La ricetta della felicità. È un take away di pesce con qualche tavolino poggiato fuori. Ci accoglie Mimmo strappandoci subito il sorriso con il suo avanti e indietro dal bancone: ci illustra i piatti, ci fa posare gli zaini "che mi fanno caldo solo a vedervi" e ci offre il servizio al tavolo, nonostante i cartelli ribadiscano il contrario. Ogni volta che esce porta con sé una domanda, alla fine trascina fuori anche Mario, lo chef, che tiene in braccio un salmone intero.

 
Istighiamo il loro senso di appartenenza chiedendo di indicarci il pane più buono della zona. "Ci penso io", dice Mimmo, e ci va a comprare una pagnotta con cui facciamo scarpetta. "E cosa c'è da vedere qui?".
"Qui abbiamo le orme dei dinosauri, l'uomo primitivo e il pulo".
"Cos'è il pulo?".
Ma Mimmo si perde tra un'ordinazione e una battuta e alla domanda di Giulia "quanto dista il mare da qui" risponde "due anni". Così, quando la conversazione assume toni surreali, salutiamo e ci allontaniamo rasente muri alla ricerca di un posto fresco dove lasciar sfogare il pomeriggio.
Sfuggiamo il sole sdraiate sul divanetto di un bar. Clara si addormenta sulle gambe di Giulia in un quadretto fermo, appeso alla parete di una cittadina che corre. Lì ci raggiunge Sante, un altro tassello fondamentale del puzzle Appia: architetto, viaggiatore, restauratore, musicista e fotografo. Alcuni dei suoi scatti sono esposti alla mostra sull'Appia Antica a Roma, virtualmente vicino a noi. Non ci chiede cosa facciamo nella vita ma per la prima volta ci sentiamo domandare "che formazione avete?". Leggiamo un interesse al percorso più che al risultato ed è già qualcosa che ci avvicina. Un'altra affinità è la musica: dopo un primo imbarazzo sulla scelta delle canzoni, all'arrivo degli strumentini l'entusiasmo ha il sopravvento. Armonica, kalimba, kazoo, scacciapensieri: una jam session inascoltabile ma divertentissima che continua fino all'ora di cena.

 
Si uniscono a noi Anna e Mara. I tre sembrano amici da così tanto tempo che fanno pensare a un ritrovo di famiglia. Anche il locale dove ceniamo ci dà questa impressione, tanto più che è lo stesso in cui aveva cenato anche "la prima compagnia dell'Appia". Non contiamo le meraviglie gastronomiche di cui siamo felici vittime, così come i discorsi che si moltiplicano e si tuffano nel profondo, mentre il sonno inizia a farsi strada. L'ultimo pensiero è un misto di gratitudine e incredulità, non riusciamo ancora ad abituarci a queste giornate che si attorcigliano in curve serpentine, a differenza della nostra Linea.

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