giovedì 14 luglio 2016

Tappa Ventinove: da Mesagne a Brindisi

12 luglio 2016

 
A un certo punto deve succedere. C'è bisogno di lei perché qualunque cosa abbia valore, perché non sia solo un vano ripetersi di giornate, parole, passi. Si attende la fine come un traguardo, ma quando la si sente arrivare non è affatto semplice concludere la frase con quell'irremovibile punto. È complicato persino costruirla, quella frase finale, perché al termine di un viaggio ci si sente addosso la responsabilità di scegliere le ultime azioni, le ultime parole, l'ultimo passo. Forse per questo oggi avanziamo senza un prima né un dopo, perché non c'è più spazio per l'immaginaziome ma è troppo presto perché la quotidianità si impadronisca dei nostri pensieri.

 
Avanziamo su un percorso anonimo, una stradina brecciata che attraversa campi logori e masserie in abbandono. Le mosche ci si appiccicano come i pensieri, con un'insistenza irritante. Giulia le ignora, con la testa bassa e il passo deciso e uniforme. Clara sperimenta metodi alternativi di allontanamento: affonda il naso nel libro, si tappa le orecchie, disegna coreografie con le mani per dissuaderle ma senza troppo dolore. Oggi ognuna ha il proprio metodo per rifuggire la realtà. Entrambe però ci guardiamo molto i piedi, rabdomanti instancabili: è l'ultima, poi sarete solo piedi. Almeno per un po'. 
Anche stamattina ai bordi della strada troviamo scarpe abbandonate. Usurate, spaiate. "Nemmeno lui ce l'ha fatta". Immaginiamo escursionisti temerari che hanno tentato l'attraversamento dell'Appia prima di noi. Ma non avevano Riccardo, non avevano Paolone.
A un certo punto la visione che ci ridà speranza: come la fenice, alcuni ulivi alla nostra destra rinascono dalle loro ceneri. Tronchi mozzati dalle epidemie lasciano emergere ciuffi di rami novelli nell'espressione di una vita rinata. Sì, la fine non è che un inzio. Non è che smetteremo di camminare, lo faremo su altre strade, in altri modi. Altre storie prenderanno vita ma non è facile lasciare andare qualcosa di cui ormai ci sentiamo parte.
Appia, ci mancherai.

 
Alle porte di Brindisi costeggiamo un ipermercato. Forse avremmo preferito un'accoglienza più tenue, un po' di Roma anche qui: basolato, pini marittimi e iscrizioni. Ma la realtà è un'altra, che l'Appia ce la siamo dimenticati e il contrappasso sancisce che lei può emergere ovunque. Entriamo nel cuore della città sotto un altissimo arco acuto, porta Napoli, oggi porta Mesagne. A volte i nomi cambiano le distanze.

 
Il nostro passo cede, rallenta. Assaporiamo uno ad uno i ciottoli sotto i nostri piedi, osserviamo a lungo ogni segno di antichità che questa città ci concede, ci soffermiamo a contemplare una fontana finché l'acqua si raffredda: non vogliamo arrivare. 

 
Mentre spazza via le erbacce dal lastricato, Antonio ci ringrazia sorpreso per i nostri passi che tolgono la polvere dalle radici e ci racconta le bellezze della sua città, in particolare delle colonne. "Il capitello è conservato nel museo archeologico, lo potete vedere da tanto così. Invece l'altra colonna è a Lecce". Lo salutiamo e procediamo pensando di avere ancora tanti passi davanti a noi. Ma ne bastano due, due di numero. Quando la colonna ci si para davanti è più che un'apparizione, è un collegamento immediato tra il cielo e il mare e lo sguardo non sa se dirigersi su o se imbarcarsi sulla prima nave diretta in Grecia. 

 
Non siamo pronte, tutto è così troppo intenso perché accada ora. Ma non si può decidere ogni cosa, questa è l'ultima sorpresa, l'ultimo regalo dell'Appia: le colonne, una lunga scalinata e il blu acceso del mare proprio lì sotto di noi.
Leggiamo l'ultimo capitolo del libro facendoci piccole piccole sotto questo gigante, senza nascondere l'emozione ai turisti in cerca dello scatto migliore. Assaporiamo le parole con la sacralità delle promesse e allo stesso modo scendiamo le scale, liberiamo le spalle e i piedi e, col fiato un po' trattenuto, ci tuffiamo.
Mare sporco di porto, mare che apre all'Oriente e prosegue quella che è stata la nostra direzione fino ad oggi, mare che è inizio e fine di ogni terra, di ogni andare.

 

3 commenti:

  1. Solo in viaggio scopriamo davvero chi siamo, ed è raccontando e leggendo dei viaggi altrui che prendono forma nuovi viaggi e nuovi racconti. (Luigi Vedovato).

    Il vostro cammino sulla Via Regina Viarum è stato affascinante, a me è piaciuto molto. E’ stata una bellissima impresa. Bellissimo il vostro particolareggiato racconto quotidiano. Bellissime le vostre parole che sanno quasi di poesia. Grazie per aver condiviso con il web i vostri pensieri, le vostre fatiche, le vostre gioie e le vostre difficoltà. La vostra impresa non sarà unica ma per voi sicuramente leggendaria. Avete i miei complimenti ed il mio plauso. Vincenzo.

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  2. Ciao ad entrambe. Sono anche io un camminatore. Prossimo bersaglio è proprio l'Appia, in vista di percorrere la Egnatia. Chissà che quanto da voi fatto serva da sveglia per i nostri politici per salvare quanto ancora resta di questo immenso patrimonio storico, culturale e civile che probabilmente come Italiani non meritiamo. Brave e complimenti.

    Saverio

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  3. Ciao ad entrambe. Sono anche io un camminatore. Prossimo bersaglio è proprio l'Appia, in vista di percorrere la Egnatia. Chissà che quanto da voi fatto serva da sveglia per i nostri politici per salvare quanto ancora resta di questo immenso patrimonio storico, culturale e civile che probabilmente come Italiani non meritiamo. Brave e complimenti.

    Saverio

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