lunedì 27 giugno 2016

Tappa Quattordici: da Passo di Mirabella a Borgo Le Taverne

26 giugno 2016

 
Oggi mi sento... demente.
È la prima frase di Giulia, stamattina, ancora prima del buongiorno, ancora prima del auo solito "hai sognato?". La giornata inizia così, ridendo senza testa, solo col cuore. Anche la colazione si fa demente quando Riccardo ci raggiunge e inizia ad espletare i suoi doveri da road star (fa autografi, ingurgita caffè a stomaco vuoto, si mette in posa per le
foto), tutto rigorosamente in pigiama. Il senno oggi va messo da parte, altrimenti i saluti diventano cosa straziante. Arturo insiste per scortarci fino ad Aeclanum, da lì inizieremo la nostra tappa. Negli arrivederci si capisce molto delle persone, è una cosa che ho imparato presto, abitando sopra ad una stazione non poteva essere altrimenti. All'arrivo sono tutte feste e abbracci stretti ma andarsene porta con sé il dono del ricordo. L'ultimo gesto, l'ultima parola che rimbomba nell'orecchio per tutto il viaggio. Lo salutiamo così, Arturo, ognuna a modo proprio, senza dirgli quanto sia stato prezioso averlo con noi, tanto poi torna. Così dice.

 
Di nuovo sole. Non in cielo, ma per strada. Muoviamo i primi passi entrando nell'umida nebbia irpina. Fronte perlata e piedi di fango proseguiamo con devozione lungo la Linea, fedeli all'ultimo consiglio di Riccardo: tagliare le curve. Si sale sul bordo terroso di uliveti, attraverso campi dove l'erba è più alta di noi, ecco perché "i papaveri son alti". E da oggi abbiamo un nuovo Nemico, la statale 303, meno insidiosa della sorella maggiore. Ci rincorre affollata di schegge corazzate e così anche in cielo inizia il rubamazzetto tra nuvole e sole: l'atmosfera si scalda e alle porte di Frigento scegliamo di salire al paese.
Ci ricorda un paesino molisano, l'assonanza con Trivento è poca roba rispetto alla salita spezzagambe che ci dà il benvenuto. Di colpo ritroviamo le nostre differenze, quelle che ci rendono due: Giulia passi piccoli e svelti, Clara ampie e calme falcate. L'espressione alla linea di traguardo, però, è la stessa. 

 
Ci ripariamo al fresco degli alberi lungo il viale panoramico. Ci riempiamo gli occhi di belvedere anche se una nebbia indifferente ci impedisce di spingerci troppo in là con lo sguardo. Finisce che la stanchezza ha il sopravvento e ci concediamo un pisolino sdraiate sui tavoli. Le consuetudini sociali ci stanno finalmente lasciando in pace.
Proseguiamo sotto un sole un po' più stanco nel saliscendi collinare che ci porta alfine ad arrampicarci su una sterrata. Notiamo che qui in Irpinia a sostituire le statue di padre Pio sono le pale eoliche, onnipotenti e mute. Come lui. 

 
Procedendo ormai per inerzia, ci raggiunge un fetore mefitico. Ed è proprio così: siamo vicine alle porte dell'inferno, Mefite è a pochi chilometri da noi. La deviazione però è troppo lunga per le condizioni in cui siamo, quindi riponiamo le nostre speranze nell'indomani e proseguiamo dirette a Borgo Le Taverne, una piccola contrada ai piedi di Guardia dei Lombardi.
Non abbiamo un posto dove dormire né dove mangiare, ma noi procediamo così, senza valutare deviazioni, noi questo viaggio ce lo creiamo passo dopo passo e la strada questo lo sa. Sogniamo ad occhi aperti un B&B carino, con una doccia fresca, dove non dobbiamo disfare lo zaino per prendere il sacco a pelo perché le lenzuola profumano, dove mangiare un piatto di pasta fatta a mano. Chiediamo ai pochi che passano sulla statale, ma le risposte sono vaghe. Ancora avanti. Una signora ci offre un bicchieredi succo di frutta, ne approfittiamo per avere qualche informazione in più. Forse c'è un ristorante con delle camere, dovete passare due pompe di benzina e lo trovate di fronte alla pizzeria... Chiuso.
Camminiamo ancora ma una volta superato il paese, il miracolo: un cartello indica un agriturismo, "Amico Mio": forse Arturo è ancora con noi? Angela e il marito ci accolgono con un largo sorriso che risponde sì a tutte le nostre domande. Incredule, entriamo in una stanzetta deliziosa, profuma ancora di nuovo e ha un letto mattimoniale e uno singolo: sì, Arturo è ancora con noi. Ci godiamo il tramonto riflesso in una nuvola arancio già piena di lampi fino a quando Angela non ci chiama: "preferite la pasta ripiena o quella normale? Le faccio entrambe a mano". Quando la strada ti sorprende.

 

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