lunedì 20 giugno 2016

Tappa Sette: da Formia a Minturno

19 giugno 2016


La tappa è "breve", oggi, solo 14km. Ed è pure domenica. Ci regaliamo una sveglia rilassata e una visita alla Formia medievale prima di riprendere il cammino. È il passato a innestarsi nel presente, emerge a sorpresa tra i colori delle case, negli scorci di cortili e nei nomi delle strade. Pensi ci sia qualcosa di strano, alzi gli occhi e riconosci la Storia. Dopo aver attraversato stretti vicoli che si arrampicano uno sull'altro, si apre una piazza divisa a metà: qui un'imponente torre di pietra utilizzata come contenitore di cartacce, là una strada-fossato che separa il castello dal brulicare di negozi, caffè, giornali.
La strada oggi è più Linea che mai: interminabili e salvifici marciapiedi che si allontanano impercettibilmente dal mare. È curioso vedere come non vi sia un confine netto tra i tre paesi che attraversiamo: Formia, Scauri e Minturno sono sfumature dello stesso quadro intitolato Decadenza. È una galleria semiseria di opere d'arte contemporanea: c'è il non finito in attesa del condono, l'azione organica del tempo sui muri, la progettazione di edifici già vecchi nell'idea dell'artista.

 
Ci sono insegne che restano nel cuore, peccato che le abbia già nominate P. Rumiz. Scauri è davvero una delle città invisibili che Calvino non scrisse mai.

Di Scauri potrei dire che sta distesa su di una linea retta, sdraiata verso il mare. Le sue case sono dimenticate da chi le abita, sia quelle iniziate e mai finite sia quelle le cui storie si possono contare sulle pieghe dei muri, scrostati dal tempo. Ma ai suoi cittadini questo non interessa. Gli abitanti di Scauri pensano a un mondo che verrà, comprano urne colorate e prenotano carrozze coi cavalli per il proprio funerale. 
Solo uno pensa al bene di tutti, il mago, che giorno dopo giorno raccoglie le paure altrui e le trasforma in monete.

 
A un certo punto, la svolta. Minturno sono due: una arroccata su di un'altura, l'altra prende il mare a braccia aperte. Ci dirigiamo verso quest'ultima, oggi dormiamo in campeggio. Teniamo d'occhio il nuvolone di panna alle nostre spalle mentre avanziamo con passo svelto in una nuova desolazione di campagna, punteggiata da abitazioni in stato confusionale. Non è certo il paesaggio che ci aspettiamo in una strada che porta al mare, non la vita che ci si immagina in una domenica d'estate. Deserto. Ma non importa, ridiamo, il mare è vicino e dopo poco spunta sotto un'equivocabile cartello che annuncia il Lido Topless.
Matteo, il gentilissimo campeggiatore, ci offre un bungalow, oggi è prevista pioggia.
"Ehi, sai che queste ragazze stanno facendo la via scaligera a piedi da Parigi fino a Brindisi?". Forse è un po' confuso, ma lo siamo anchhe noi. In un attimo siamo tra le onde a lavare via la fatica nel modo più bello che conosciamo. Mentre la panna del cielo si gonfia tutt'intorno rientriamo alla base e ancora una volta le nostre strade si dividono: Giulia ascolta il ginocchio e la vocina che ripete "martedì sono trentacinque chilometri!" e resta a riposo, Clara sfida le intemperie e va all'incontro con l'archeologia.

Giulia
Non è facile dover fare i conti con i propri limiti. Già altre volte ho ignorato i segnali he mi arrivavano e mi sono spinta oltre. Risultato? Mi sono dovuta fermare. E io odio stare ferma. Ma questa volta ho un altro obiettivo: percorrerla tutta, questa Via. Da Roma a Brindisi. E se questo vuol dire andare più lenta o rinunciare ad alcune piccole meraviglie, accetto la sfida.
Un teatro romano, capite? Come fa un'attrice a rinunciare al Teatro?

Maria Clara
Cammino da sola, rapida con il ritmo cittadino nei polpacci. Oggi sono le gambe e gli occhi di Giulia. Nella testa compongo il testo che dovrò inviare entro sera, lo ripeto in silenzio un paio di volte e lo chiudo nel cassetto del poi, per non perdere il resto. Costeggio il Garigliano, scoprendo la parte di mondo dei pescatori di fiume, ne studio le reti, le imbarcazioni, cerco una fisionia comhne in quelli che incontro. Sopra, in cielo, è in corso una battaglia tra il Libeccio che viene dal mare e pulisce e un temporale grigio cenere a Minturno alta. E io me ne sto lì, nel mezzo, a hodermi lo spettacolo. Sotto un tendone cinque pescatori mi fermano, camuffando le loro attenzioni con la gentilezza. Dopo qualche battuta si accende lo stesso disco: e sei da sola e dove vai e guarda che è pericoloso. Dopo svariati tentativi di distogliermi, raggiungo il aito archeologico. Siamo pochi e fra questi pochi, solo due italiani. Me ne vergogno, ma soprattutto mi imbarazza lo stato di abbandono che giace su qualunque cosa, la polvere incrostata sui cartellini descrittivi, i mosaici non coperti che se fossi una persona diversa - penso - potrei portarmene a casa un tassello e nessuno lo saprebbe. Per fortuna che la bellezza trascende anche questo e posso sedermi nell'ultima fila in alto del teatro e sentire il vento che sposta i ciottoli, là sotto.

In serata ceniamo da Irene, ci viene a prendere e ci accompagna in casa sua nel centro di Minturno e mentre Francesco, il fidanzato, prepara insalata di polpo e riso ai frutti di mare, noi ci raccontiamo. È come se non riuscisse mai a stare ferma, Irene, ha fatto mille lavori, vissuto in diversi Paesi per poi tornare alle radici e dare loro nuova vita. A cena parliamo di strade, di politica dal basso, di voglia di cambiare le cose. Siamo felici di essere qui, di vivere "un po' più da dentro" la vita delle persone che abitano l'Appia. Anche se per noi diventa difficile interagire quando la stanchezza bussa. Ci riaccompagna a casa Marianna, un'amica passata a salutarci. Con qualche piccola deviazione ci racconta ogni angolo del panorama di questa notte limpida, illuminata dalla luna piena. Le sue sono parole da innamorata che accompagnano il nostro sguardo ad abbracciare fino Gaeta e Napoli.

3 commenti:

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  2. Sì, noi silenti spettatori di un paese appisolato tra mare e colline.Una sorta di attori che aspettano la parte da protagonisti in un grande evento che stenta ad arrivare. Forse perché per noi la bellezza è scontata.È intarsiata nella nostra "vista" quotidiana; non ci fai caso se stai passeggiando nella realtà o nella storia millenaria dell'antica Minturnae o vicino le mura megalitiche o per i vicoli medievali di Traetto o se vai a trovar un amico la cui casa è incastonata nell'acquedotto romano o se dalla Torre a picco sul mare, immagini le scorribande dei pirati saraceni nelle nostre baie. Ogni tanto ci voltiamo a guardare la ciminiera di una decadente fabbica di mattoni, segno di un ricco passato affacciato sulle (ex) dune della macchia mediterranea.
    E voi venite da lontano per dirci"Quanto siete fortunati!".
    Eh sì, un clima invidiabile, terra ricca di agrumi e olivi, ombelico del centro-sud (raggiungiamo Roma i 2 ore, Napoli in una, Ischia e Capri Ponza e Ventotene i due ore ,Caserta in un'ora, Cassino in mezz'ora...).
    Grazie di voi, Giulia e M.Clara, per la vostra iniezione di coraggio e di speranza. Noi iniziamo a crederci che viviamo nella "bellezza".
    Ar-rivederci, a spasso tra le vie del Bel Paese....
    Mari Chi

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