lunedì 13 giugno 2016

Tappa Uno: da Roma ad Albano Laziale

13 giugno 2016

 
Nei giorni dei preparativi pensavo che questo cammino sarebbe iniziato già diverso, anche perché non eravamo mai salite su un aereo insieme ed era strano pensare che un mezzo così "pulito", così "comodo", fosse lì per condurre i nostri passi lontano.
Tutto inizia con il volo in ritardo di un'ora e mezza, ma non è questo che ci preoccupa, abbiamo già abbastanza fascine di pensieri addossate una sull'altra da sciogliere insieme, guardandoci in faccia. La nostra fuga può attendere.
L'aereo decolla e in un brivido i campi mutano in geometrie verdeggianti, le case gioielli incastonati, le strade si confondono con i fiumi, linee che si aggrovigliano in logiche tortuose. La percezione del mondo è ora assolutamente opposta a quella che avremo ogni giorno da qui a un mese. Oggi ne siamo fuori, distanti. Domani diverremo due puntini invisibili, per portare linfa nuova alla Linea dell'Appia. Esattamente un anno dopo la fine della traversata di Paolo Rumiz e compagni inizia la nostra.
Arriviamo euforiche, forse perché sappiamo e possiamo permetterci di deridere le nostre paure, ancora meglio se ad alta quota: le liberiamo in un abitacolo di rabbia e strilli contro Alitalia, che in confronto Gramellini non è nulla. 
Arriviamo da Giorgia, che ci invade subito con la sua terrona ospitalità che non si può rifiutare e come ogni buona donna del Sud ci imbocca di cibo fino a lievitare. È forte, Giorgia. È di un legno robusto che non si lascia piegare né dai mal di schiena né dalla vita da giostra che non le concede radici. E riesce a non perdere la tenerezza, la stessa con cui ci apparecchia la tavola alle sei del mattino.

Nina Simone canta per la prima volta dopo quasi un anno: le note di My baby just cares for me sono la nostra sveglia in cammino e noi ci siamo molto affezionate. Sono i piccoli rituali giornalieri che bilanciano il continuo mutare dei luoghi. La nostra prima lode al mattino è la colazione: il profumo del caffè inizia a farsi spazio tra i muri di casa proprio mentre usciamo dalla "nostra" stanza, poi tre tipi di biscotti, yogurt, croissant al cioccolato. Un ultimo abbraccio e si parte.
Ci tuffiamo nella metro A e stoniamo nel paesaggio metropolitano con i nostri zaini ingombranti e i nostri vestiti colorati, troppo corti per questo giugno che non vuole scoppiare. A Termini cambiamo linea e siamo della corrente: non puoi scegliere di non esserne parte. Siamo gente che non si accorge di altra gente ma si muove in questo mondo guidata solo dal proprio cellulare. Almeno fino a quando torniamo in superficie, dove iniziamo la nostra marcia politica di figlie della strada solitarie e folli, tra le poche a camminare sull'Appia nella direzione che taglia Roma fuori dalla mappa.

 
Dopo i primi dubbi accogliamo con gioia il fatto che si debba andare sempre dritto. Smog nelle narici e sanpietrini segnano i primi otto chilometri di paura, alle otto di mattina rischiamo che il traffico si mangi noi e la "nostra" strada. Poi il parco dell'Appia Antica: Alberto ci ferma e ci suggerisce di entrare a visitare Capo di Bove, "è gratuito", dice. Decliniamo l'invito, è il primo giorno e dobbiamo ancora tararci. "Dove andate?", chiede Alberto. "A Brindisi", rispondiamo. Può essere soltanto stupore quello he ha negli occhi. Ci dice che l'anno scorso l'ha fatto Paolo Rumiz, ma nessun altro prima di lui. E di noi. Al massimo qualcuno ha camminato per due o tre tappe. È sorpreso specialmente perché siamo due ragazze, siamo sole, con pochi mezzi e tanti sorrisi.

 
Procediamo. Poco più avanti una coppia di ciclisti emiliani: "Ma si può fare tutta? Esiste ancora?". Rispondiamo di sì, sicure. Poi ci guardiamo, nella speranza che sia davvero così.
Qui l'aria sa di pinoli, come dice Clara, sa di pini marittimi, profezia della nostra meta. Solo che questo red carpet dell'antichità a un certo punto, semplicemente, finisce. Lascia spazio dapprima a uno sterrato immerso nelle sterpaglie, poi erba alta e fiori pungenti si riprendono l'Appia, che ora è un sentierino della larghezza di due piedi uniti.


Al fondo, una fontanella di acqua frizzante e un po' salata ci ristora da questo sole già alto. Purtroppo - c'era da aspettarselo - gli ultimi chilometri sono su asfalto. E non quelli di una stradina isolata, ma l'Appia Nuova, che qui prende il posto dell'Antica. Uno stretto marciapiede ci ripara dalla fretta delle auto. Alleggeriamo i passi con canzoni e racconti visionari, poi tutto si risolve nel profumo del gelsomino che ricopre le recinzioni: senza dircelo, entrambe ci allunghiamo per annusarlo. Siamo già una sola, Maria Clara e Giulia, questa volta ci è voluto ben poco.

Al parco di Albano Laziale incontriamo Stefano: tatuaggi, occhiali grandi e un piglio accogliente e tranquillo. Ci accompagna a casa sua: "fate quello che volete, io preparo il pranzo". Una gentilezza spontanea e semplice.

Stefano si è appena licenziato dopo quattro anni di lavoro, presto si trasferirà a Edimburgo per studiare, "poi chissà. Vorrei andare in Nuova Zelanda e mettere radici lì".
Con lui il pomeriggio è come stare con un amico in ciabatte e pigiama, a parlare di tutto e di niente.

E sull'1-0 dell'Italia arriva anche la nostra buonanotte ad Albano. Ci piace pensare di non essere le sole a iniziare un'impresa, oggi.

 
 
 
 
 

5 commenti:

  1. Brave, complimenti! Anche io feci la prima tappa, per testare la strada e le gambe, sicuro di rimandare la camminata a giugno/luglio, anche se il caldo può essere infernale. Vi seguo!

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  2. Quant'è bello leggervi... pura poesia! Go girls!

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  3. Quant'è bello leggervi... pura poesia! Go girls!

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